Quest’anno abbiano trascorso le vacanze pasquali con le ragazze che sosteniamo a distanza da undici anni. Questo è il mio diario di viaggio.
Un originale gruppo di viaggiatori affronta baldanzoso dieci ore di aereo per raggiungere l’emisfero australe e il Sudafrica meta del nostro viaggio/vacanza all’insegna dell’amore solidale. Siamo una coppia di mezza età e una vispa zia ottantenne. Domenica 25 marzo arriviamo distrutti a Johannesburg accolti da una splendida mattina di sole. Appena sbarcati Samantha mi si getta tra le braccia e spuntano le prime lacrime di commozione. Alla casa famiglia Saint Christopher’s riabbracciamo anche Stephanie la sorella piccola (16 anni e un metro e settantasette di altezza).
La prima volta che ho messo piede a San Cristopher è stato quando Jackie ci ha presentato Yoshi, il bambino che “sponsorizziamo”, con cui abbiamo chiacchierato e poi giocato a pallone. A noi si sono poi aggiunti altri ragazzi. Della decina che erano, tutti si sono meravigliati e hanno chiesto a Yoshi informazioni riguardanti il pallone di cuoio da noi regalatogli. Mi hanno fatto tanta pena perché, forse, guardando il calcio in TV, quel pallone lo avevano sempre e solo sognato; e poi perché quando mamma ha iniziato a distribuire le matitine colorate, tutti hanno corso e si sono affollati per averne una pur sapendo che ce n’erano per tutti.
Il Sud Africa, il paese dei contrasti, dell’estrema ricchezza e dell’estrema povertà, lo Stato dove i diamanti abbondano e la fame dilaga, la Nazione dove o hai tutto o non hai niente…
Ed è proprio vero che se non vedi non credi, e noi abbiamo visto, agosto 2006. Il viaggio più bello che abbia mai fatto. E pensate che a scuola la lezione sul Sud Africa mi aveva addirittura annoiata…. Ora potrei farla io la lezione; potrei parlare per ore della popolazione, dei disoccupati per le strade, delle case dei bianchi recintate col filo spinato, di cosa fa quel 75% di popolazione nera, di cosa si occupano il MAIS e Jackie… Perché noi l’abbiamo visto e chiunque non è stato in Africa può difficilmente capire la realtà di quel posto.
Si chiama Yoshi, ha 8 anni, frequenta la seconda classe della Observatory Primary School a Johannesburg.
E’ il secondo bambino che “sponsorizziamo” (la prima, Rethabile ha purtroppo abbandonato gli studi all’ultimo anno delle superiori per cercare lavoro). La sua situazione è simile a quella di molti suoi coetanei: il padre è rifugiato politico congolese (lì aveva una casa e un lavoro stabile in un ufficio governativo), sono sette fratelli. Il padre è alla ricerca continua di lavoro (già è difficile trovare lavoro per i sudafricani, figuriamoci per i rifugiati, ma se non hai un lavoro, resti sempre emarginato…).
Finalmente, in agosto, in occasione del nostro viaggio in Sud Africa, ci siamo conosciuti.